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La ricerca
nel microuniverso
E' senza dubbio una delle arti marziali adatte al nostro
tempo: adottato con altre pratiche e tecniche dolci dalla New Age come
veicolo di saggezza, rilassamento e illuminazione.
di Stefano
Agostini
E' sempre
più conosciuto e diffuso tra i non addetti ai lavori, e questa
immagine così popolare e deformata sta a sua volta, per un inevitabile
meccanismo di feeback, deformando l'arte.
Quando infatti l'ottanta per cento dei possibili allievi arriva cercando
solo un metodo di rilassamento, è difficile proporre, almeno a
livello commerciale, una solida e poderosa arte marziale.
E questo, in verità, è proprio un peccato, perchè
il tai chi chuan è stato, e può essere, un'arte marziale
davvero efficace, e con una dimensione assai più profonda dei consueti
metodi di calcio e pugno.
Ma come trovare questo tipo di tai chi chuan marziale, e come aggirarsi
in questo microuniverso di stili, libri, articoli, che spaziano dal tai
chi per il lavaggio dei tendini alle forme cinesi da competizione; come
ritrovare qualcosa di originale, autentico, valido, che faccia risuonare
non solo i campanellini per la meditazione, ma anche le nostre capacità
razionali e il nostro buon senso?
Essendo un esponente, e uno studente in primo luogo, di questo tai chi
marziale autentico e concreto, ho pensato di scrivere queste righe per
dare a quelli che Vezzoso chiamava " gli arditi ricercatori"
alcune linee guida e alcuni strumenti operativi per muoversi con più
attenzione e consapevolezza nell'universo del tai chi.
Cominciamo con qualche indicazione bibliografica. La maggior parte dei
libri e degli articoli in circolazione sul tai chi chuan sono, come strumenti
di lavoro o di apprendimento, del tutto inutili o addirittura fuorvianti.
A parte alcuni libri classici la cui consultazione è più
o meno d'obbligo, come appunto "I classici del tai chi di Waysun
Liao", quasi tutto il resto è rappresentato da manualetti
fotografici pressochè inutili, favolette cinesi su Chang San Feng
e fumosi ed incomprensibili testi che parlano di I ching, teoria dei cinque
elementi, raffinazione del chi, lavaggio del midollo osseo e simili astrusità
che non aiutano affatto a trovare una buona scuola e a eseguire correttamente
anche il più semplice degli esercizi; di essi tuttavia si pascie
tutta quella popolazione pseudo-marziale new-age, che con tali fantasie
giustifica il tempo perso nel giocare a fare tai chi.
L'unico libro divulgativo veramente valido che posso consigliare è
"Complete tai chi chuan" di Dan Dochery, un maestro scozzese
di stile Wu Tang che ha affrontato, in questa piccola opera, tutti gli
aspetti del tai chi con grande profondità, accuratezza di ricerca
e spirito critico.
Quanto agli articoli in circolazione, riflettono in piccolo lo sconfortante
panorama librario: le cose migliori lette negli ultimi anni sono, a mio
parere, le interviste agli ultimi caposcuola degli stili chen e yang apparse
su Samurai.
E veniamo ora a qualche osservazione molto generale sugli aspetti principali
del tai chi chuan, nonchè alle differenze fra i vari stili. Devo
comunque premettere che, trattando di tai chi, mi occuperò solo
di stili classici; infatti, anche se esistono ancora dei sempliciotti
che cercano il vero tai chi chuan negli istituti di educazione fisica
cinesi e nelle forme moderne, ormai si sa abbastanza per relegare tali
commerciali istituzioni e tali esercizi esclusivamente agli ambiti ginnico
e sportivo, senza altre pretese.
Cominciamo dunque con il dire che ogni stile di tai chi, ma potremmo dire
di arte marziale in generale, ha due aspetti: uno tecnico marziale, ed
uno energetico.
Nel tai chi chuan, in altre parole, i movimenti rispondono sia a degli
schemi di applicazione marziale, sia a degli schemi che stimolano le strutture
energetiche del corpo umano.
Dobbiamo anche dire che, in una certa misura, questi due aspetti sono
tra loro inversamente proporzionali: quanto più un movimento privilegia
una precisa ed economica logica di applicazione marziale, tanto meno è
facile usarlo per una sensibilizzazione e una crescita a livello energetico.
Ora questi due aspetti sono, nelle varie scuole, più o meno preponderanti,
ma in linea di massima possiamo dire che quasi tutti gli stili più
comuni, come il chen e lo Yang privilegiano attualmente l'aspetto energetico
dei movimenti, e spesso hanno perso quasi totalmente una logica marziale.
I movimenti ampi e coreografici, le posizioni lunghe ed aperte, le inutili
e superflue fioriture, non rispondono certo alla stessa logica di movimento
da combattimento che possiamo vedere, per esempio, nel kung fu wing chun,
nel karate Shaolin Mon, nella boxe inglese. E mentre questi in combattimento
funzionano, quella struttura di tai chi non può funzionare. Dove
però si è perso in praticità, si è guadagnato
in struttura energetica, e quegli stessi movimenti così grandi
costituiscono, se correttamente appresi e praticati, un meraviglioso sistema
di chi kung, e possono preparare il corpo, insieme ad altre tecniche interne,
al fa chin o esplosione di energia.
Naturalmente però, il fa chin non è una logica e naturale
conseguenza dell'allenamento ampio e lento, ma una tecnica difficile che
deve essere appresa con un duro lavoro.
Di solito si considera lo stile chen più marziale degli altri perchè
le sue forme contengono il fa chin, ma ogni stile che voglia avere un'applicazione
marziale devre allenare il fa chin su tutte le tecniche.
In linea di massima possiamo dire che il tai chi, come ogni stile interno,
basa lo sviluppo dell'energia esplosiva su tre tappe successive: posizioni
statiche, movimenti lenti, movimenti veloci con fa chin; ogni stile che
non contenga questi tre elementi non condurrà alla meta applicativa.
C'è poi l'aspetto tui shou: il tui shou è un elemento importante
per l'apprendimento di tecniche marziali, ma non bisogna dimenticare che:
1. si tratta di una pratica convenzionale, volta soprattutto alla sensibilizzazione.
2. non prepara adeguatamente al combattimento a distanza.
La pratica del tui shou dovrebbe quindi essere integrata da esercizi a
distanza che insegnino fondamentali di tempo, spazio e ritmo del combattimento.
Un'ultima nota su un aspetto apparso in tempi recenti, di frequente sulla
stampa, a proposito di tai chi: il dim mak. Ogni volta che leggo degli
articoli sul dim mak, rimango molto perplesso e mi chiedo se gli autori
abbiano mai, non dico combattuto realmente, ma fatto qualche ripresa di
pugilato o qualche combattimento di karate o kung fu.
Su tale argomento vorrei citare alcune parole di Wang Hsiang Chai, il
creatore dell' I chuan:
" Per secoli le persone hanno voluto vedere la teoria dei colpi sui
punti vitali come qualcosa di miracoloso. Alcuni dicono che l'attacco
dovrebbe essere diretto a particolari canali su cui si trovano i punti
dell'ago puntura, altri che i punti vitali da colpire cambiano con il
cambiare dell'ora del giorno. Tutte queste, di fatto, sono disgustose
idiozie. Perchè in un combattimento reale, le due parti sono alla
pari. E' già difficile riuscire a toccare l'avversario, figuriamoci
poi riuscire a colpirlo in un punto particolare....".
Voglio poi aggiungere un aneddoto personale: diversi anni or sono, quando
eravamo più giovani e più incoscienti, io e un amico, entrambi
cinture nere di karate, decidemmo, dato che stavamostudiando i rapporti
tra tameshiwari e combattimento, di fare un esperimento un pò particolare:
ci legammo al petto una tavoletta di abete da due centimetri e cominciammo
a combattere, cercando di rompere ciascuno la tavoletta dell'altro. Dopo
una mezzora di tentativi infruttuosi, ci rendemmo conto che Wang Hsiang
Chai aveva ragione: è pressochè impossibile, in un combattimento
realistico, colpire un avversario in un punto preciso e con forza precisa.
Vorrei aggiungere che io, all'epoca, ero terzo dan, e il mio amico è
stato definito dal maestro Kase il miglior karateka d'Europa.
La teoria dei colpi sui punti vitali quindi, può funzionare solo
con un avversario immobile (e scoperto); ma se l'avversario è immobile
sono abbastanza sicuro di riuscire a ucciderlo anche senza conoscere il
dim mak .... Passiamo quindi a cose più serie.
Vediamo ora di identificare quelli che sono i punti cardinali del tai
chi chuan come arte marziale estremamente efficace, passando poi ad una
proposta operativa relativa a uno stile di impostazione marziale.
Il primo punto è che il tai chi chuan sviluppa, grazie ai metodi
interni e all'uso integrato del corpo, la succitata capacità di
esprimere una particolare energia esplosiva chiamata fa chin. Tale energia
può scaturire da colpi con una corsa ridottissima, o addirittura
a distanza zero
- Attenti dunque agli ampi movimenti schioccanti dello stile chen: l'apparenza
inganna -
e ha la particolarità di essere un'energia vibratoria e non percussiva:
in tale modo riesce a penetrare il bersaglio senza fermarsi sulla superficie.
Il secondo punto, correlato al primo, è che il tai chi, attraverso
l'uso integrato e totale del corpo ( e qui ci vorrebbe una digrassione
tecnica davvero troppo lunga ) porta ad esprimere dei movimenti carichi
in ogni punto di un'enorme energia dinamica ( e da ciò le dimostrazioni
con le famose spinte ),
Il terzo punto è che il rilassamento, la concatenazione e la struttura
circolare dei movimenti permettono di colpire l'avversario con serie lunghe
e velocissime di pugni, calci, gomitate, e così via. Un concetto
simile a quello del wing chun, che però lavora privilegiando l'attacco
diretto e centrale, mentre il tai chi chuan segue anche linee circolari.
Il quarto punto è che il lavoro interno di rilassamento e sensibilizzazione
energetica e percettiva porta il corpo ad una capacità reattiva
molto più veloce e raffinata di quella normale, e ciò viene
ulteriormente rinforzato dagli esercizi di tui shou.
Il quinto punto, infine, che si lega al precedente, è che tale
sensibilizzazione rende possibile anche con l'integrazione di opportuni
esercizi, l'assorbimento di colpi al busto e alla gambe.
Abbiamo quindi delineato alcune caratteristiche del buon combattente di
tai chi chuan: rilassato ma con una velocissima capacità di reazione,
serie fulminee di colpi esplosivi tirati anche a minima distanz, movimenti
pieni e potenti, buona capacità di assorbimento dei colpi.
E vediamo ora uno stile di tai chi che può portare a questi risultati.
Il tai chi chuan di Wang Shu Chin
La forma di Wang Shu Chin, talora chiamata cheng tsung, della vera sintesi,
oppure wu tang, consiste di 99 movimenti eseguiti lentamente e usando
una posizione fondamentale simile a quella dello hsing-i, con il peso
sulla gamba posteriore. Ogni movimento è direttamente e chiaramente
applicabile in combattimento, e ben lo sa il maestro Kenji Tokitsu, che
ha scelto questo stile come forma di tai chi chuan per la sua scuola.
Questo stile, oltre ad essere dunque estremamente interessante da un punto
di vista marziale, compendiando gli stili principali di tai chi con gli
elementi essenziali delle altre scuole interne, è probabilmente
il migliore per chi pratica hsing-i, pa kua o i chuan.
Personalmente, dopo aver studiato gli stili Yang e chen, posso dire che
secondo me lo stile di Wang Shu Chin è più semplice, più
tecnico (nel senso della precisa funzionalità marziale), è
molto più direttamente applicabile al combattimento e costituisce
inoltre un perfetto complemento per chi studia gli altri stili interni.
Dal punto di vista delle lacune, i movimenti raccolti, economici e precisi,
rendono forse più lunghi la sensibilizzazione e lo sviluppo energetico,
e meno piacevoli per il corpo.
La cosa fondamentale, comunque, che ho imparato studiando questo stile
è di rifuggire dal misticismo e dalle fumosità, per concentrarsi
nel raggiungimento di sensazioni concrete e tecniche efficaci: non la
magia degli stili interni, ma il riscontro reale del banco di prova marziale.
Se studiamo dunque il tai chi chuan con l'illusione, o il desiderio, di
voler praticare un'efficace arte di combattimento, è bene, dopo
qualche anno di seria pratica, non rifugiarsi negli aneddoti su Yang Cheng
Fu o Chen Fa Ko, ma chiedersi con sincerità se riusciamo a far
volare via con una spinta una persona del nostro peso per almeno due metri,
se riusciamo a ricevere un colpo al corpo senza troppo disagio, se riusciamo
ad eseguire un colpo a distanza zero, e soprattutto se riusciamo a sostenere
un combattimento realistico con un avversario serio, usando le tecniche
del nostro tai chi.
In caso contrario è bene analizzare con chiarezza la nostra pratica,
e riconoscerla per quello che è: una ginnastica dolce, un sistema
meditativo o un gioco.
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